CAP.10Per tutta la notte Lotjuska non riuscì a chiudere occhio, e non perché era abituata a sbrigare le sue faccende soprattutto di notte, ma perché era troppo assorta nei suoi pensieri. Dando per scontato che una volta a Krasnojevo avrebbe trovato Serguei in poco tempo (cosa in effetti non del tutto ovvia, non conoscendo minimamente il posto), poi cosa avrebbero fatto? Non era il caso di restare lì a lungo; la sua famiglia si sarebbe preoccupata e suo padre non ci avrebbe messo molto a capire dov’era andata. Ma Serguei sarebbe stato in grado di partire così in fretta? E dove sarebbero andati? Anche ritornare a Komkolzgrad non era una buona idea, dovevano allontanarsi di lì e trovare un posto dove suo padre difficilmente li avrebbe rintracciati.
Si alzò da letto, facendo attenzione a non svegliare Katja, e scese al piano di sotto per prendere un bicchiere d’acqua. Lì vi trovò Ivan, il fratello di Nikolay, seduto a tavola e occupato con un vecchio telefono.
“scusa, non volevo disturbare” disse Lotjuska non appena entrò in cucina “prendo un bicchiere d’acqua e poi me ne vado”
“non disturbi. Resta pure” rispose Ivan senza alzare lo sguardo.
“non sapevo che anche tu abitassi qui”
“infatti non ci abito, ma a casa mia stanno facendo dei lavori e quindi sto qui per un po’” poi distolse lo sguardo dallo schermo del telefono le la guardò “tu piuttosto, come credi di partire se non hai una macchina? Krasnojevo è distante se ti fai la strada a piedi”
“bella domanda” Lotjuska si sedette al tavolo, sconfortata. Avevano tentato innumerevoli volte di chiamare qualcuno, ma nessuno aveva mai risposto; Ethan aveva chiamato l’ufficio della stazione, un suo amico, e persino la sua ex; Lotjuska aveva chiamato uno ad uno i suoi tre zii e la sua migliore amica. Ma sembrava che rispondere al telefono fosse fuori moda, quindi non c’era nessuno che potesse aiutarli.
“in qualche modo ce la faremo. Chiederemo un passaggio o … non c’è un noleggio auto da queste parti?”
Ivan scosse la testa “no, purtroppo … però una ventina di chilometri a est c’è un altro paesetto tipo questo, un po’ più grande; lì sono sicuro che potrete noleggiare una macchina per pochi soldi. Vi accompagnerò io”
“sarebbe fantastico, ma … perché lo fai?”
“per aiutare” Ivan la guardò perplesso. Nessuno gli aveva mai fatto una domanda così insensata.
“non ci conosci nemmeno”
“e allora?”
“non lo so … è strano …”
“forse da dove vieni tu, ma in un paesino così piccolo non ci si può ignorare, tantomeno lasciare a se stessi degli ospiti”
In quel momento entrò Irina, anche lei per prendere un bicchiere d’acqua.
“pare che ci siamo dati appuntamento qui, stanotte” constatò Ivan. Vedere la piccola Irina rivolgere un sorriso a Lotjuska gli fece venire in mente un discorso che voleva fare all’ospite la serata prima.
“Lotjuska?”
“si?”
“sei sicura di voler andare fino in fondo?”
“di che parli?”
“di Serguei”
“perché me lo chiedi?” Lotjuska aveva accennato qualcosa riguardo a Serguei, dove si erano incontrati e come erano stati separati. Aveva intenzionalmente omesso di dire la sua età e tutti i dettagli della storia (non era il caso di dire che era stata intrappolata in casa e che si era innamorata di un sessantenne con tendenze maniacali).
“non sono sicuro che Serguei sia quel tipo di persona con cui si possa costruire una relazione”
“cosa ne sai?”
“non lo conosco di persona, ma mio padre si. Era un minatore a Komkolzgrad, durante i suoi ultimi anni di attività. In quel periodo, in quel posto, buona parte del lavoro era eseguito da automi, ma certe cose venivano ancora fatte dai minatori; mio padre conobbe Serguei abbastanza bene, e qualche volta mi parlò di lui. Diceva che era un tipo strano, imprevedibile, con strane idee per la testa”
“di questo me ne sono accorta. Ma non è pericoloso … sicuramente non ora, dopo tutto quello che ha passato. Dubito che ne abbia le forze, anche volendo”
“e … ti legheresti con una persona così tanto più vecchia di te?”
“Ivan, hai intenzione di farmi la predica?” il tono di Lotjuska diventò più irritato. Tutte quelle domande se le era già fatte lei e vi aveva già dato risposta. Continuare a parlarne era inutile.
“no, non voglio fare nessuna predica. Ti sto solo mettendo di fronte alla realtà. Se tu mi dirai che ne sei sicura, io non farò altre domande e farò tutto quello che posso per aiutarti; ma se non sei sicura, non agire di impulso, rischieresti di far soffrire entrambi. Lo dico anche per Serguei; se ad un certo punto diventerà ovvio che la cosa non può andare avanti, come la prenderebbe? Tu puoi andare avanti e rifarti una vita, ma per lui sarebbe troppo tardi, non avrebbe più nessuno, quindi illuderlo ora sarebbe crudele”
Lotjuska ci pensò ancora. Si, lo amava tantissimo, ma doveva essere completamente consapevole che se voleva fare le cose fatte bene non poteva illudersi che tutto sarebbe stato idilliaco.
“so che sarà difficile, ma sono sicura. Serguei ne ha passate tante, si merita qualcuno che si prenda cura di lui”
“e tu?”
“e io lo amo”
“cosa ti aspetti da lui?”
“che sia felice insieme a me”
Ivan abbassò lo sguardo, ripensò alle parole di suo padre e a quelle che ora gli diceva Lotjuska.
“d’accordo. Ti aiuterò. Solo, sta attenta … Serguei è una persona imprevedibile, e anche se ora non sembra in grado di fare danni, non è detto che non ci riesca comunque”
Lotjuska annuì. Non ce l’aveva con Ivan perché gli aveva dato quell’avvertimento, lo faceva per il suo bene. Ma ora tutto dipendeva da lei.
Partirono nel pomeriggio, e dopo nemmeno dieci minuti di viaggio iniziò a nevicare.
“spero che non abbiate troppa fretta” disse Ivan mentre continuava a guidare “con questa neve ci metteremo un po’. E mi raccomando, quando proseguirete per conto vostro fate attenzione … vi ricordate le indicazioni che vi ha dato Katja? Tu, Ethan raggiungi l’autostrada e poi segui i cartelli stradali, e Lotjuska, tu continui verso est giri per Svetloye e poi tiri dritto. Poi comincia a seguire tutti i cartelli che indicano per Krasnojevo”
L’auto proseguì, facendosi strada tra il manto di neve che ricopriva completamente la strada.
“dove si è cacciata quella pazza?” sbraitò Mauro, furioso.
“non ne ho idea! Io l’ho solo accompagnata a casa” Fred non sapeva più cosa pensare, non si aspettava che Lotjuska sarebbe stata capace di andarsene, almeno non così presto, ma d’altro canto non la biasimava. Ora si trovavano nel suo appartamento, entrati grazie alle chiavi di riserva che aveva Mauro.
“e dopo averla accompagnata a casa? Che avete fatto?”
“abbiamo parlato un po’, l’ho convinta ad andare al lavoro e di non pensare più all’accaduto. Sono tornato a casa quando lei è uscita per andare al lavoro e poi non l’ho più vista”
Mauro rovistò in giro nella vana speranza di trovare qualcosa che li avrebbe aiutati a capire dove fosse andata.
“non credo che troverai qualcosa di utile” puntualizzò Fred, impaziente di tornarsene a casa; anche se non aveva nulla da fare eccetto annoiarsi, era sempre meglio che star lì a subire le ire di un padre preoccupato ed apprensivo.
“tanto lo so che sei dalla sua parte, Fred” rispose irritato.
“non sto dalla parte di nessuno. Solo che capisco le motivazioni di entrambi”
“non credo proprio. Tu non hai figli di cui preoccuparti”
“non avevo nemmeno dei genitori che davano i numeri ogni volta che me ne andavo”
“tu non andavi dietro a donne più vecchie di te”
“vero, erano le donne più giovani ad andare dietro a me”
Mauro si voltò a fissarlo, leggermente perplesso.
“beh, prima dell’incidente al capanno, ovvio” precisò Fred passando una mano sulla vistosa cicatrice sul collo.
“come non detto. Comunque questa situazione è diversa” continuò Mauro.
“ah si?”
Mauro si calmò, arreso dal non aver trovato nulla.
“tu non sai com’è avere un’unica figlia, che ogni anno che passa diventa più adulta, più bella e più indipendente. Guardala, vive già per conto suo, non ha più bisogno di me e di sua madre … e ora fa la pazzia di innamorarsi di un uomo che potrebbe essere suo nonno! L’ho sempre detto che quella ragazza aveva qualche rotella fuori posto”
“potrebbe essere suo nonno” ripeté Fred, avvicinandosi a Mauro “ma non lo è”
“cosa vuoi insinuare? Che ci si può mettere insieme a chiunque purché non sia un parente?”
“beh, tecnicamente le cose vanno così”
“ma ti rendi conto di quello che stai dicendo, Fred?!” Mauro lo guardò rabbiosamente. Fred si pentì di essergli andato così vicino, ora che si rendeva conto di quanto più alto ed atletico fosse lui. E così arrabbiato faceva davvero paura. Ma era deciso a farsi coraggio e difendere le ragioni della nipote.
“Lotjuska è libera di scegliere che strada prendere. Lei sarà responsabile delle sue decisioni e delle conseguenze, e lo sa. Quindi, Mauro, non prendertela più di quanto sia necessario; so che non era esattamente quello che volevi per lei, ma quello che farà della sua vita non dipende più da te”
Mauro lo guardò storto, pensò brevemente alle sue parole, e poi si diresse a grandi passi verso la porta spostando Fred in malo modo con uno spintone.
“vedremo se davvero non dipenderà più da me! Se Lotjuska vorrà mettersi con quel vecchio dovrà prima vedersela con me, e questo vale anche per Serguei” e se ne andò sbattendo la porta.
Fred non attese un solo istante e prese il telefono, componendo velocemente un numero. Nemmeno lui era ben consapevole di cosa volesse fare, ma qualunque cosa avesse deciso, non se la sentiva di farla da solo.
“ehi Fred, tutto bene?” fu la prima frase che sentì.
“si Vlady, io sto bene. È Lotjuska, che se non le diamo una mano fra non molto avrà uno scontro corpo a corpo con suo padre”
“ci troviamo al bar sotto casa mia fra mezz’ora, ok?” rispose il fratello.
Quella notte Serguei si sentiva insolitamente libero: gli infermieri avevano organizzato una gita fuori dalla casa di riposo. Gita, la chiamavano … hanno portato tutti quanti in un ospedale per fare delle visite mediche, tra prelievi ed esami … ed avevano il coraggio di chiamarla gita. La mattina della partenza Serguei si era fatto trovare sull’autobus, ma un attimo prima di partire era sgattaiolato fuori di nascosto e partirono senza accorgersi della sua assenza. Era stato più semplice del previsto e ora poteva godere di un giorno libero, senza nessuno a costringerlo a mangiare, a dormire, a fare questo o quell’altro. La cuoca non c’era e quindi avrebbe avuto libero accesso alla cucina, dove avrebbe finalmente potuto frugare indisturbato nella dispensa e mangiare qualcosa di decente. Nel pomeriggio aveva iniziato a nevicare e la cosa per lui fu sia emozionante che deprimente. Emozionante perché vedere la neve cadere dal cielo era sempre un qualcosa di piacevolmente irreale; deprimente perché avrebbe preferito condividere quello spettacolo insieme a Lotjuska. Aveva visto innumerevoli nevicate a Komkolzgrad, da solo o insieme ai colleghi minatori, ma non l’aveva mai guardata stando vicino a qualcuno di veramente speciale. Al limite aveva immaginato di vederla con Helena Romanski, se le cose fossero andate come lui aveva pianificato, ma niente era stato come aveva previsto e ora era di nuovo solo a guardare sconsolato fuori dalla finestra i tanti fiocchi di neve cadere leggeri ed attaccarsi al terreno bagnato, che si era velocemente trasformato in un immenso tappeto bianco e soffice.
In quel momento avrebbe fatto qualunque cosa per poter trascorrere quella notte nevosa insieme a Lotjuska, guardare la neve insieme, fare una camminata fuori tenendosi per mano, e poi lasciare quel posto per sempre. Ma non poteva fare nulla, e quella magnifica nevicata diventò un tormento tale da non riuscire più a guardarlo. Scese nel soggiorno ed accese la televisione, che con quel tempo ovviamente si rifiutava di funzionare. Spazientito si mise a maneggiare con i cavi, sperando che le sue conoscenze tecniche gli permettessero di dargli una sistemata.
Era così concentrato dal televisore che non sentì la porta d’ingresso aprirsi, e non si accorse nemmeno dei passi incerti che dopo alcuni secondi entrarono nel soggiorno.
“… Serguei?”
Quella voce fu talmente improvvisa che Serguei non si curò nemmeno di riconoscerla, scattò subito in piedi, arreso. Anche se gli pareva impossibile, pensò subito che la gita fosse terminata prima del previsto e che fossero già tornati; oppure qualche infermiere si era accorto che lui mancava ed era andato a riprenderlo. In ogni caso non gli aspettava niente di bello.
“eh … posso spiegare” balbettò mentre timidamente si girava “io … stavo …” si paralizzò subito dopo aver visto la sua interlocutrice.
Non ebbe più parole, se non una.
“Lotjuska?!”
NOTA DELL'AUTRICE:
Svetloye è una città che esiste, ma è molto più a ovest rispetto a dove mi immagino che si trovi nella storia. Quindi: hai presente dove si trova la Svetloye vera? Bene, la Svetloye della FanFiction è da tutt'altra parte!
