CAP.6Il rumore della pioggia che batteva rumorosamente su una lastra di metallo appena sotto la finestra della camera svegliò Serguei da un sonno dolce ed idilliaco. Prima di aprire gli occhi pregò per un istante che tutto quello che era successo qualche ora prima non fosse stato soltanto un sogno; solo quando tutti i suoi sensi si risvegliarono si accorse che Lotjuska dormiva ancora abbracciata a lui. Il viso era a pochi centimetri di distanza dal suo e la mano era ancora posata sulle sue dita, al momento tremanti per l’emozione. Si era addormentata tenendogli la mano, un attimo dopo averlo baciato per l’ennesima volta.
E per coincidenza la pioggia svegliò Lotjuska poco dopo di lui.
“Serghy …” la sua voce ancora un po’ assopita gli solleticò l’udito, che per un istante aveva osato dimenticare quanto il suono del suo nome detto da lei potesse avere quell’effetto piacevole (perché ormai era oltremodo stanco di sentire il suo nome, accompagnato solo da fredde richieste, accuse ed insulti).
“Loty, dimmi che non sto sognando”
Lei scosse la testa “non credo proprio”
Le diede un veloce bacio e poi si alzò, rabbrividendo al contrasto tra il caldo letto e la gelida camera. Guardò fuori dalla finestra la pioggia cadere da quel cielo nero per poi scivolare sui vetri rigandoli come lacrime, poi andò al tavolo in fondo alla stanza, di fianco all’armadio e prese in mano la sua maschera.
Quando, al suo arrivo a Komkolzgrad, le era stata assegnata, vedeva come un onore indossarla, quasi fosse il trofeo per essere giunto in quell’importante complesso industriale. Con il tempo era diventata la sua armatura, che lo proteggeva durante il lavoro. Poi iniziò a considerarla un intralcio, uno sgraziato ingombro che per questioni di sicurezza era costretto ad indossare sempre. In seguitò diventò un’amica, una compagna inseparabile che nascondeva gli anni che anche per lui stavano passando troppo velocemente. Negli ultimi anni era diventata un abitudine, era parte di lui, e ora si sentiva a disagio nel non averla sul volto.
La indossò. Non per vergogna o per nascondere qualcosa di se a Lotjuska. Anzi, quello era il suo modo per mostrarsi a lei senza mentire; senza quella maschera non sarebbe stato completamente lui.
“ti dispiace se la tengo?”
“al contrario. Mi piace ...” lo guardò in modo supplichevole “… torni qui?”
Serguei la raggiunse e si lasciò di nuovo stringere tra le sue braccia. Dopo un’altra serie interminabile di baci, la mano di Lotjuska si spostò dal suo viso al fianco, scavalcando la giacca rossa e facendosi spazio nella camicia; Serguei avrebbe volentieri evitato quel passaggio, non voleva che Lotjuska sentisse come fosse veramente, soprattutto con la pancia che si ritrovava in quel momento. Il fatto che le fosse inaspettatamente piaciuto il suo volto non significava che le sarebbe andato bene anche tutto il resto. Lei però non sembrava per nulla turbata, piuttosto sembrava piacerle; senza dire una parola lo strinse in un abbraccio appassionato, quasi troppo stretto per riuscire a respirare.
“vuoi ancora mandarmi via?” gli domandò, certa della sua risposta.
“no”
“vuoi ancora tenermi chiusa a chiave qui dentro?”
“ … tu mi appartieni, Loty” poi fece una pausa e baciò le sue labbra, che subito dopo quelle parole persero un po’ del loro innocente sorriso “ma se ti liberassi ora, so che resteresti con me. E se te ne dovessi andare non avrei paura della lontananza, perché sono certo che tornerai”
“come fai ad esserne sicuro?” lei tornò a sorridere, giocando a sfidarlo.
“me l’hai promesso con il tuo primo bacio. Non posso dubitare della sua onestà”
“non ti facevo così ingenuo”
“so quando fingi. Tu non puoi mentirmi, e questa notte non hai mentito nemmeno per un istante”
“allora dev’essere vero che ti appartengo”
Rimasero così, l’uno con la fronte appoggiata a quella dell’altra, in silenzio.
Lotjuska sapeva che quell’amore era tutt’altro che normale; anzi, era folle, impensabile, forse anche un po’ insano, soprattutto ora che permetteva a Serguei di starle ossessivamente accanto. Ma era troppo bello per lasciar morire quel sentimento appena nato, solo per timore di non essere all’altezza di qualcosa di così insolito, o per il pensiero di come avrebbero potuto reagire quelli che prima o poi sarebbero venuti a saperlo.
Quando Serguei si era addormentato, qualche ora prima, Lotjuska si era fermata a riflettere, mentre lo osservava e con dolcezza gli carezzava gli argentei capelli.
Chiunque avrebbe detto che erano dei pazzi anche solo a pensare che avrebbero potuto avere un futuro insieme, anche breve. Lei era troppo giovane, lui troppo vecchio, come sarebbero riusciti a stare insieme?
Ma non le importava molto. Stargli vicino le faceva dimenticare ogni preoccupazione, e soprattutto sapeva che il suo affetto avrebbe reso vano ogni tentativo di separarli.
“
ammettilo Loty” diceva tra se e se “
lo hai amato fin dal primo momento in cui ti sei presa cura di lui”
All’inizio magari lo amava in maniera diversa, ma un qualche misterioso legame doveva per forza esserci stato sin da subito.
Serguei invece non si preoccupava affatto di quello che gli altri avrebbero potuto pensare. Non sapeva nemmeno chi erano “gli altri”, aveva vissuto così tanto tempo da solo che le uniche cose che veramente contavano erano lui e Lotjuska. Loro due stavano bene? Perfetto. Tutto il resto non era un loro problema.
Si era innamorato di una ragazza che aveva il terzo dei suoi anni, e allora?
Si mise a fianco a lei e tornò ad osservare le sue affusolate dita, tenendole delicatamente tra le mani.
“Loty …”
“cosa?”
“tempo fa mi hai detto che suoni il violino”
“si … e?”
“e io stavo per dirti già allora quello che stavo cominciando a provare per te. Forse non era ancora lo stesso tipo di amore che ora sento, ma … era comunque un tormento che mi esplodeva dentro”
“mi ricordo. Eri così sicuro che ti avrei rifiutato”
“ma ora te lo posso dire. Io … io ho capito per tutto è crollato …”
“intendi la fabbrica”
“la fabbrica, e con essa tutta la mia vita. La mia orchestra non era completa, non lo è mai stata”
Lotjuska lo guardò con curiosità. Cosa voleva dire?
“mancava un violino. Mancava il tuo violino” appoggiò il volto sui suoi morbidi capelli “mancavi tu”
“e … Helena?”
“ho amato anche lei. È vero. Ma è stata tutta un’illusione; nemmeno per un istante lei mi ha guardato come io vedevo lei. Non avrei mai potuto dirle le parole che ora sto dicendo a te. Non avrei mai potuto stringerla come ora stringo te. E anche se avessi potuto, per lei io non sarei mai stato nulla”
Lei gli accarezzò il viso “tu per me sei tutto …”
“
che frase fatta ed insensata si disse Lotjuska subito dopo averla detta. Ma Serguei non l’aveva mai sentita e fu per lui la cosa più bella che gli si potesse dire.
“Loty, amore mio, io sono lo stesso che ha ingabbiato Helena e rinchiuso te. Io sono e sarò sempre un pazzo … e la mia pazzia è tutto ciò che posso darti”
“mi sembra perfetto, dato che anche io sono pazza di te”
Qualche minuto dopo sentirono dei rumori provenire dalla porta d’entrata del piano terra. Qualcuno stava cercando di entrare.
“Loty, aspettavi visite?”
“cosa?! Ma come avrei ……… oh no … Serghy, ho fatto un disastro!”
Serguei la fissò, incapace di realizzare quale fosse la natura del suo “disastro”.
“quando mi hai rinchiuso, subito dopo che ti ho tramortito, ho inviato a mio padre il punto dove mi trovavo”
“tu … cosa?”
“è lui, Serguei … è venuto a prendermi” si guardò intorno, rendendosi conto di essere nelle peggiori condizioni per essere trovata da suo padre.
“Serguei, alzati e sistemati, subito! Se ci trova così chissà cosa pensa!”
“non credo che penserà qualcosa di tanto diverso da come stanno veramente le cose” commento mentre si sistemava la giacca.
“appunto. E significherebbe che io verrei di nuovo rinchiusa dentro in casa, e tu verresti ritrovato cadavere tra qualche anno”
“… capisco”
La porta venne sfondata rovinosamente e il padre di Loty, Mauro, entrò in quella casa seguito da Fred, costretto a venire con lui per riportare al suo posto quella testa matta di Loty.
“Loty! Sei qui?” urlò dal piano terra.
“Пaпa, sto arrivando!” poi si rivolse a Serguei “tu aspetta qui, scendi quando sarò sicura che mio padre sia abbastanza calmo da non avere nessuna tendenza omicida”
“perché dovrei avere tendenze omicide?” domandò Mauro, già entrato nella camera da letto.
“Пaпa!” esclamò Loty. Era felice di vederlo, ma allo stesso tempo terrorizzata “io … ehm … sai …”
“lui chi è?”
“è quell’uomo che ho salvato dalle macerie … te ne ha parlato mama, vero? L’ultima volta che le ho telefonato le ho detto che andava tutto bene, che sarei rimasta qui finchè non sarebbe stato meglio e …”
“sei fuori di testa?! Tu, da sola, con questo!? Hai idea di che cosa sarebbe potuto succedere?”
“Пaпa, non mi ha fatto niente, è una persona buonissima, del tutto innocua!”
“
del tutto innocua … non ci credo nemmeno io a quello che ho detto pensò Lotjuska. Ma non aveva scelta, doveva calmare suo padre.
“ah si? E cosa ci fate insieme in camera da letto?”
“avrei forse dovuto farlo dormire in quel divano, dove ho dormito io? Serguei aveva una gamba in pessime condizioni, l’ho dovuto assistere in tutto, prima cosa fra tutte salire e scendere dal letto!”
Mauro la fissò freddamente, sperando che davvero non le avesse fatto nulla di male “… farò finta che sia vero. In ogni caso tu ora torni a casa tua con Fred e io porto questo tizio dove qualcuno gli troverà una sistemazione adatta”
“ma … non posso lasciarlo così!”
“non puoi lasciarlo?! Perché tu e lui siete già così intimi? Ora ne ho abbastanza. Vieni!” la afferrò per il braccio, un po’ troppo forte per i gusti di Serguei, che non riuscì a trattenersi dall’intervenire.
“signore, non c’è bisogno di trattarla così!”
“tu non hai alcun diritto di dirmi come devo trattare mia figlia. Se per caso tu fossi fatto qualche fantasia su di lei, mettiti in testa che non sarai mai niente di più che una spiacevole parentesi della sua vita che presto dimenticherà!” poi lo squadrò dalla testa ai piedi “Loty, come hai potuto anche solo avvicinarti ad uno come lui? Che porta una maschera del genere … uno così chissà cosa ha da nascondere”
“lo so” rispose Loty “io porto perennemente una maschera, solo che tu non la vedi”
Prima di venire trascinata via a forza, Loty riuscì a sfiorare un’ultima volta la mano tesa di Serguei, trattenuto da Fred.
“lyubimiy …”
“lyubimaya …”
Lotjuska venne costretta a salire sul sedile del passeggero della sua macchina, astutamente rimessa a posto prima che Mauro irrompesse in casa, e Fred alla guida l’avrebbe riportata in Italia, alla sua vita di sempre. Nel frattempo Mauro con la sua macchina stava portando Serguei verso la città più vicina.
In silenzio Lotjuska fissava fuori dal finestrino, facendo il possibile perché Fred non si accorgesse delle sue lacrime che scendevano copiose sul viso.
“mi dispiace Loty” disse lui con tono sommesso “non avrei mai voluto costringerti in questo modo”
Al suo silenzio si voltò brevemente a guardarla e vide il suo volto rigato.
“ … allora è vero … tra voi c’era veramente qualcosa. Avevo notato qualcosa in come lo guardavi, ma … non credevo che ci tenessi così tanto”
“Fred, ti prego, non dire niente” lo implorò lei.
“beh, no. Di sicuro non ti posso giudicare. Io uscivo con una di più di vent’anni più giovane di me”
“eppure non hai fatto nulla quando mio padre ci ha diviso”
“che potevo fare? Lui è tuo padre, e nulla di quello che ha fatto lo ha fatto con cattiveria. Lui ti vuole bene”
“lo so … ma non cambia che mi ha portato via la persona che amavo”
Fred guardò la strada e sospirò “vedrai che ti passerà”
Lotjuska scoppiò in un pianto incontrollabile.
“io non voglio che mi passi! Voglio continuare ad amarlo finchè vivo, non importa quanto male starò!”
Ben diversa era la situazione di Serguei. Le uniche parole che si sentirono furono quelle dette da Mauro appena saliti in macchina, prima ancora di partire.
“guai a te se osi dire una sola parola”
Serguei restò in silenzio, con lo sguardo basso e gli occhiali scuri bagnati dalle lacrime.
Era di nuovo vittima del suo destino di solitudine; sul più bello che la persona che amava era dove lui poteva esserle vicino, qualcun altro arrivava e gliela portava via.
Kate gli aveva portato via Helena, e ora Mauro gli stava portando via Lotjuska. Nessuna fabbrica stava crollando in quel momento, ma il dolore che stava provando era molto più forte di quello che aveva dovuto sopportare quando il peso delle macerie era tutto sopra di lui, e la sensazione di morire era più intensa e crudele ora di quando la morte l’aveva sentita davvero vicina.
Note dell'autrice:

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Se qualcuno se lo fosse chiesto (ma probabilmente non se l'è chiesto nessuno), mentre scrivo ascolto la colonna sonora di Syberia

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