CAP.2Al violento suono del rombo di un tuono in avvicinamento, Serguei si svegliò ed aprì leggermente gli occhi. Il rumore non lo aveva spaventato, ci era abituato, ma lo smarrimento che seguì il rendersi conto di non essere più nella sua fabbrica lo inquietò. Gli ci vollero almeno una trentina di secondi per realizzare dove si trovava e cosa era successo; gli avvenimenti vissuti in quel breve lasso di tempo sembravano così surreali ed impensabili che apparivano nella sua mente solo come un agitato ed intenso sogno.
Ma quando i suoi sensi intorpiditi si ripresero iniziò a rendersi conto che tutto era davvero successo. L’esplosione improvvisa, il crollo della fabbrica, le lunghe ore trascorse intrappolato tra le macerie in fiamme pregando per un miracolo, la perdita dell’illusione di salvarsi … e poi il rumore di quei passi che riaccesero le speranze, e quella ragazza che con tanto impegno l’aveva tirato fuori e curato.
Quella ragazza … era tutto accaduto così velocemente che non era riuscito a fissare il suo aspetto nella mente. Vagamente riusciva a ricordare dei lunghi capelli neri, la pelle chiara, gli occhi azzurri e un’insolita ironia mentre lo medicava.
Tentò di ricordare il suo nome.
… …
“Loty …” non si rese conto d’averlo detto ad alta voce.
“ehi! Ben svegliato!” Lotjuska gli si avvicinò ed istintivamente gli carezzò il viso col dorso della mano.
“come ti senti?”
Serguei non rispose. Preferì godersi quell’inaspettata carezza, un gesto che in tutti quegli anni trascorsi nella più totale solitudine, privato di qualsiasi contatto, aveva dimenticato.
“Serguei?”
“hm?”
“ti ho chiesto come stai”
“non sento la gamba”
“è normale, era messa male, non può guarire in poche ore … per il resto?”
“ho la testa che … coff … mi fa male come se ci fosse esplosa una bomba dentro”
“non devi esserci andato troppo distante”
Senza dire nulla Lotjuska si alzò e scomparve dietro la porta della cucina, seguita dallo sguardo incuriosito di Serguei. Fece ritorno nella stanza pochi minuti dopo, con una ciotola in mano, che appoggiò sul tavolino in legno di fronte al divano.
“dovresti mangiare qualcosa”
“no, sto … …” poi guardò dentro la ciotola, attirato dall’invitante profumo dei piroshki, che lo persuasero ad accettare. Aiutato da Lotjuska si mise a sedere sul divano e ne prese uno. Prima di mangiarlo lo osservò con attenzione.
“tranquillo, non li ho trovati qui. Li avevo portati da casa”
Rassicurato, Serguei lo addentò. Fuori croccante e saporito, mentre dentro era delicato e si scioglieva in bocca. Ormai non ricordava più il loro sapore, l’ultima volta che li aveva mangiati era ancora un bambino.
Divorò tutta la ciotola e soddisfatto si lasciò cadere sul divano, sdraiato comodamente.
“vuoi qualcos’altro?” domandò Lotjuska premurosamente, quasi apprensiva.
“no, sono pieno”
“sicuro? Non vuoi un paio di blyni? Li ho fatti io”
“magari … coff … dopo”
“ti lascio riposare ancora un po’” stava per andarsene quando Serguei le prese la mano, fermandola.
“aspetta … io … volevo dirti … … grazie”
“tranquillo, non c’è bisogno di ringraziarmi. Chiunque avrebbe fatto lo stesso”
“no Loty … nessuno è mai stato gentile con me … nessuno mi ha mai chiesto come stavo, nessuno si è mai preso cura di me … cof coff … come hai fatto tu”
“mi dispiace, non lo sapevo” gli strinse la mano per confortarlo.
Serguei abbassò lo sguardo, avvilito nel ricordare tutto ciò che aveva subito.
“è un buon momento per raccontarmi cosa è successo?” continuò lei.
“… ci proverò”
Serguei si spostò per far spazio a Lotjuska per sedersi; lei gli si sedette vicino, sfiorandolo appena. Era curiosa di sentire cosa era successo, ma allo stesso tempo aveva paura di scoprire che le cose fossero andate peggio di quello che si immaginava. D’altra parte, doveva conoscere la vera natura di quel disastro, per sapere se Serguei avesse avuto bisogno di altro.
“dev’essere successo tutto in meno di ventiquattro ore. Era tarda mattinata e io stavo per andare a dormire un po’; avevo lavorato tutta la notte incessantemente per sistemare un problema al mio organo … coff … avresti dovuto vederlo. Era così maestoso e imponente! Dopo tutto quel lavoro ero esausto, ma prima di uscire dal mio ufficio, sentii un forte rumore provenire da fuori … andai a vedere le telecamere per capire cosa fosse e vidi un treno fermo di fronte alla fabbrica! Un treno! Non ne vedevo uno da … beh … da molto tempo! Restai a guardarlo, immaginando che prima o poi sarebbe ripartito … ma ad un certo punto vidi qualcosa che fece sparire tutta la stanchezza che avevo. Un automa scese dalla locomotiva per entrare nel vagone. Forse quella era la mia occasione per ultimare il mio grande lavoro!
Uscii dalla fabbrica e furtivamente entrai nel vagone del treno, dove l’automa stava pulendo delle mensole. Non si accorse subito di me, così ebbi il tempo di notare le sue meravigliose mani! … Erano proprio quelle che mi servivano per il mio pianista automa! Erano perfette! Mi feci coraggio e gli saltai addosso; non fu semplice, ma dopo una breve lotta riuscii ad avere la meglio su di lui. Gli staccai le mani con delle pinze che mi ero portato dall’ufficio, poi lo legai e lo imbavagliai perché non potesse chiamare quella donna che stava con lui.
Quando uscii dal treno lei mi vide e mi chiamò … coff … ma io non ci pensai nemmeno a fermarmi. Avevo cose più importanti di litigare con lei per un automa! Le impiantai immediatamente al pianista! Era … perfetto! Tornai nel mio ufficio a controllare il treno e poco dopo quella donna, arrabbiata come non avevo mai visto nessuno, entrò e mi accusò di furto, aggressione, proprietà privata e chissà cos’altro ………… si, era proprio un avvocato”
Lotjuska lo interruppe.
“hai aggredito un automa e gli hai rubato le mani?!”
“certamente! E questo è la prova che nonostante il tempo che passa, me la so ancora cavare!”
“ma … Serguei, questo è completamente folle!” disse. All’inizio era perplessa, ma presto le scappò una risata “è folle ma … wow! È pazzesco … continua”
“discutemmo finchè non riuscii a convincerla ad aiutarmi … coff … Naturalmente dovetti prometterle più di quanto potessi realmente fare ma …… era una questione urgente”
Fece una pausa e fissò Lotjuska, aspettando di cogliere in lei quel segnale che indicava che aveva capito.
“ma cosa avevi in mente di fare?” domandò lei, confusa dall’insolito racconto.
“oh avanti Loty … per che cosa si costruisce un gigantesco … cof … organo? A che scopo darsi tanto da fare per un pianista automa, se non perché faccia da accompagnamento alla più grande cantante del mondo?”
“ahem, Serguei, ancora non ti capisco”
“Helena! La spettacolare Helena Romanski! Non puoi non conoscerla!”
“certo che la conosco, ma cosa c’entra lei in tutto questo?”
“molti anni fa venne a cantare qui, a Komkolzgrad. Tutti noi minatori ed operai rimanemmo estasiati dalla sua eterea voce! Ed ora che la fabbrica non aveva più uno scopo … coff … era pronta per essere trasformata per lei. Perché potesse essere degna di lei!”
Lotjuska ricambiò il suo sguardo indecifrabile con un’espressione dubbiosa. Davvero credeva possibile che una cantante del suo livello facesse ritorno in una fabbrica dimenticata per esibirsi di fronte ad un solo spettatore?!
Senza dire nulla lasciò che continuasse il suo racconto.
“E poi arrivò! Era qui, un’altra volta! In tutta la sua bellezza che nemmeno il tempo era stato in grado di infrangere! Mentre cantava mi sembrò di rivivere quel giorno in cui lei cantò per la prima volta qui. Sentire quella sua voce mi fece tornare in mente così tanti ricordi … coff cof …! Quei tempi in cui Komkolzgrad era viva e stimata da tutti. Mi ricordai di come ero da giovane, pieno di energie e di aspirazioni per il futuro! Sentirla ancora fu per me una rivelazione! In quel momento seppi con certezza che il mio destino era quello di farla ritornare”
“e poi? Che è successo?”
“dopo il suo concerto non potevo perderla di nuovo, ma sapevo che Helena non sarebbe rimasta qui per sempre. Così fui costretto a forzare la sua permanenza …. Nell’istante in cui lei intonò gli ultimi attimi della canzone, feci piovere su di lei un’enorme gabbia di ferro. Fu un finale perfetto! La fine della sua canzone segnava l’inizio della sua nuova vita qui!”
“COSA!?” esclamò Lotjuska all’improvviso, facendolo trasalire “non riesco a crederci! Hai ingabbiato Helena Romanski! Ma … … … perché?”
“all’inizio lei non se ne sarebbe resa conto, ma presto si sarebbe accorta che il suo posto era accanto a me, in quella fabbrica! Ma se l’avessi lasciata andare, lei non lo avrebbe mai capito … cof”
Lotjuska iniziò a domandarsi se Serguei fosse veramente consapevole di quello che stava dicendo. Invaghirsi di una cantante per la sua bella voce era plausibile, spendere tutta la vita a pianificare il suo rapimento non lo era affatto.
“ma quella donna” continuò Serguei “quella signorina Walker, si ostinò a liberarla. Non potevo permettergli di portarmela via! Non dopo tutto il tempo e la fatica spesa in quel sogno. Lei non poteva comprendere il profondo legame che ormai si era instaurato indelebilmente tra me ed Helena …. … … ed ero disposto a tutto pur di impedirle di rovinare il mio piano. Infatti non mi feci cogliere impreparato! La intrappolai nella fabbrica e piazzai una bomba nell’ascensore che conduceva all’uscita della miniera. Ma lei riuscì comunque a scappare e a salire sul treno con Helena, la mia Helena, e le mani dell’automa. A quel punto la mia ultima possibilità di fermarle era di bloccare il treno con le sbarre della statua gigante … coff cof … ero certo di averle in pugno, ma non appena aprii il portone per uscire, sentii l’acuto suono di una sveglia. Non ebbi il tempo di capire cosa stava accadendo … un enorme boato assordante proruppe nell’aria. Un’esplosione gigantesca fece divampare delle fiamme altissime sotto la statua … mentre quella crollava rovinosamente contro la fabbrica, udii il rumore del treno partire ed allontanarsi velocemente. Poi un cumulo di macerie mi crollò addosso, bloccandomi in mezzo a quell’inferno”
“ecco come è successo quel disastro … aveva piazzato la dinamite ai piedi della statua” commentò Lotjuska. Notò che le mani di Serguei tremavano nervosamente nel ricordare quegli avvenimenti.
“tentai di chiamare aiuto, ma non aveva senso, nessuno mi avrebbe sentito. Altre macerie mi seppellirono sotto una tomba metallica rovente. Mi infuriai con me stesso per essermi ostinato tanto, piansi per la paura e la certezza di non uscirne vivo, per la disperazione, per il dolore … infine mi rassegnai e lascai che il peggiorare della situazione scandisse gli ultimi istanti di vita che mi restavano”.
Lotjuska non sapeva cosa rispondere. Se l’era andata a cercare, ma nessuno merita una fine simile. Gli strinse la mano tremante. Serguei fece un profondo respiro e riprese a parlare.
“poi sentii dei passi che mi riaccesero la speranza! Raccolsi le poche energie che mi erano rimaste per richiamare la sua attenzione e … … … poco dopo ero al sicuro tra le sue braccia. Doveva essere un angelo …” le sorrise e dopo una breve esitazione l’abbracciò “mi hai salvato la vita”
La guardò di nuovo “cosa posso fare per ringraziarti?”
“evitare di chiudermi in gabbia sarebbe già qualcosa”
Lui sorrise amaramente “per me nulla sarà mai più come prima”
“Serguei, non è troppo tardi. Non abbatterti così, hai ancora tempo per vivere. Puoi ancora recuperare ciò che hai perso ed essere felice”
“mi sto chiedendo se lo sono mai stato veramente”
“non lo so … ma potrai esserlo”
Lotjuska si alzò dal divano e raccolse la ciotola vuota dei piroshki per lavarla.
“Loty? Cosa pensi di … quello che ho fatto?”
Lei abbassò lo sguardo, riflettendo.
“penso che sia stata una pazzia. Ma del resto, chi non ne fa?”
Note della scrittrice, anche conosciuta come una povera disperata di nome Loty …

:
in realtà in questo capitolo non c’è molto di nuovo, è quasi tutto un riassunto di quello che è successo a Komkolzgrad nel videogioco, solo che viene raccontato dal punto di vista di Serguei ……. Quindi siccome in pratica non ho scritto niente di nuovo, posto anche il capitolo 3